Scritti

Commemorazioni


Titolo:
PADOVA RACCONTA I '60

Tecnica:
n.d.

Dimensioni
n.d.

Note:
InformArt sett. 2003

PADOVA RACCONTA I '60


Anche questa edizione della Biennale di Venezia ci ha lasciati del tutto indifferenti, ma mentre nelle recenti edizioni passate si sono avute mostre collaterali di alto livello, come, per esempio, quelle dedicate a Francis Bacon e poi a Frida Kalo, questa volta anche la retrospettiva allestita a Palazzo Correr, Pittura/painting, una corsa veloce da Rauschemberg a Murakami (1964 – 2003), ci è parsa un maldestro tentativo di storicizzare questi ultimi quarant'anni della Biennale. Al Palazzo della Regione di Padova rivivono invece gli anni '60. Una stagione dalle tante anime, esaltante e contraddittoria, in cui arte e costume, cultura e consumi si intrecciano, modificando la realtà e la sua rappresentazione, un intreccio fitto, sul piano delle estetiche e delle soluzioni innovative. La percezione visiva, una nuova concezione dello spazio, l'attenzione per il corpo e la coscienza del territorio acquistano sostanziale importanza. Una grande svolta presentata come un racconto, un viaggio appassionante nel cuore di quegli anni, con la straordinaria ricchezza di novità e prospettive di rigenerazione, di cui le opere e gli oggetti, il cinema e la fotografia, la musica e le soluzioni architettoniche, ma anche i fumetti e i manifesti, le riviste, la moda il design e la pubblicità, sono protagonisti e testimoni di questo grande “progetto di rinnovamento”. Insieme all'industria che, per la prima volta in modo massiccio, si unì all'arte per inventare una nuova “idea di bellezza”, essenziale e moderna. Avanguardie artistiche e architettoniche, designers e “creativi” trovarono infatti nei settori industriali più emancipati, che già stavano adottando nuove strategie produttive, i committenti ideali. Il decennio che seguì gli anni della ricostruzione, dopo la tragedia bellica, diventa il più dinamico del XX secolo, modificando profondamente la percezione della realtà. La vita diventa spettacolo, un grande palcoscenico mediatico dove tutto, o quasi, si uniforma alle nuove esigenze produttive della organizzazione socio-economica fondata appunto sulla spettacolarizzazione delle merci, sul primato del “tempo libero” rispetto al “tempo del lavoro” e contro il tempo dell'uomo, insomma sull'edonismo di massa: gli oggetti più belli sono premiati da giurie internazionali e presentati nei grandi magazzini, gli stilisti e le case di moda “impongono” il nuovo look, rivestendo i nuovi soggetti del consumo del mondo giovanile di colori e riflessi, secondo i modelli imposti dai varietà televisivi e dai rotocalchi. Tutto sembra possibile, persino arrivare sulla luna ...... “L'ipotesi di fondo della mostra – recita il depliant di accompagnamento – è che l'identità contemporanea, cultura, gusti e comportamenti, affondi le sue radici nei grandi mutamenti che ebbero luogo negli anni Sessanta. In quel tempo così complesso e così dinamico, si compirono delle trasformazioni epocali che forse solo ai nostri giorni, nel bene e nel male, sono diventate riconoscibili. Fu allora che diventò “globale” la società dei consumi e il nuovo, corrispondente, immaginario collettivo. Le arti videro in anticipo quello che stava accadendo e fecero delle scelte radicali. Da un lato cercarono di indirizzare le risorse creative e tecnologiche verso una qualità di massa, dall'altro si opposero alla deriva consumistica della mercificazione totale”. Il grande salone del Palazzo della Regione, da ottocento anni simbolo per sua natura storica di luogo delle merci e della gente, nel cuore della città, è certamente la sede ideale per questa mostra che lega insieme il mondo delle merci a quello delle immagini, in ragione della nuova dimensione della “civiltà di massa”, mostra presentata con attenzione scientifica ma anche di facile e divertente lettura. Tuttavia, per quanto molto vasto, non ci è parso sufficiente a contenere un tale patrimonio documentario. Un'altra sede, in aggiunta, avrebbe permesso una più consona articolazione, con una maggior presenza, ad esempio nel campo delle arti figurative, e di opere e di artisti, dei quali si è sentita la mancanza.